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A proposito dello Spirito Santo |
di Willard
Cantelon
Capitolo 14:
Offrite voi stessi
1. Nessuna
esperienza spirituale priva l'uomo della sua volontà
1. Nessuna
esperienza spirituale priva l'uomo della sua
volontà
In Romani 6:13 Paolo dice: «Non
prestate le vostre membra
al peccato, come strumenti d'iniquità; ma prestate
voi stessi a Dio come di
morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di
giustizia a Dio».
Quando, all'inizio,
Dio creò l'uomo, puro e senza peccato, Egli lo dotò
di una volontà che gli
permetteva di obbedire e disobbedire.
Attraverso
una disobbedienza deliberata, l'uomo si è
allontanato dal comandamento di Dio
e «a causa della
disobbedienza di un solo uomo, molti furono
costituiti peccatori» (Romani 5:15).
É
attraverso la morte di Gesù sul Calvario che la
salvezza si è adempiuta; salvezza che è fonte di
benedizioni per chiunque si reca al calvario per
accettare ciò che Gesù Cristo ha acquistato a sì
caro prezzo.
«Colui che vuole venire
venga, se qualcuno Mi vuole seguire, rinunci a se stesso,
prenda la sua croce e mi segua».
In Romani 8:1 leggiamo:
«Giustificati
dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù
Cristo, nostro Signore».
Essere "giustificati"
significa essere giusti come se non avessimo peccato.
Purificati
dal sangue di Cristo, agli occhi di Dio, l'uomo
è puro come Adamo prima della sua caduta.
Ma
la ricezione della salvezza non toglie i peccati.
Paolo dichiara in
Romani 7:25: «Con la mente servo
alla legge di Dio».
Qualunque
siano le vette delle esperienze spirituali
che l'uomo possa raggiungere con Dio, il
Signore non lo priva della sua volontà
naturale, grazie alla quale egli può
manifestare l'obbedienza quanto la
disobbedienza.
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C'è un'espressione che l'apostolo usa diverse
volte: «Noi siamo operai o
collaboratori con Dio».
Quando
l'uomo è battezzato nello Spirito Santo e parla
in altre lingue, questo non significa che lo
Spirito di Dio si è impossessato di lui, ma
piuttosto che l'uomo in questione si
è offerto a Dio.
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L'insieme del
quattordicesimo capitolo della Prima Lettera di Paolo
ai Corinzi, traccia i differenti aspetti di questo
ministero dello Spirito Santo che è, appunto, il
parlare in lingue: «Se
c'è chi parla in altra lingua, siano due o tre al
massimo a farlo, e l'uno dopo l'altro; e qualcuno
interpreti. Se non v'è chi interpreti, tacciano nell'assemblea
e parlino a se stessi e a Dio»(1ª Corinzi 14:27-28).
A
torto, i credenti di Corinto credevano che il
credente non fosse in grado di controllare le
manifestazioni dello Spirito. Essi, perciò, non
seguivano il modello delle Scritture e davano
libero sfogo a delle manifestazioni erronee, che
creavano una certa confusione in seno all'assemblea.
L'apostolo
dichiara loro con fermezza: «Gli spiriti dei
profeti siano sottoposti ai profeti» (1ª Corinzi 14:32).
Egli esortò i
cristiani a mettere tutto in opera per l'edificazione
spirituale della chiesa, affinché nessun membro dell'assemblea
che si riteneva spiritualmente dotato, potesse
anteporre la proprie esperienza alla Parola di Dio.
Paolo
termina il suo capitolo dicendo: «Se qualcuno pensa di
essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io
vi scrivo sono comandamenti del Signore» (1ª Corinzi 14:37).
Parlando del
ministero dello Spirito nella sua propria vita di
preghiera, Paolo sottolinea l'importanza della sua
cooperazione con le seguenti parole: «Poiché,
se prego in altra lingua, prega lo spirito mio, ma la
mia intelligenza rimane inattiva. Che dunque? Io
pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza;
salmeggerò con lo Spirito, ma salmeggerò anche con
l'intelligenza»
(1ª Corinzi 14:14-15).
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